La determinazione è una qualità ammirevole.
Sapere quel che si vuole ottenere, porsi un obiettivo e saperlo raggiungere. Ad ogni costo.
Ad ogni costo?
Qui subentra un problema: cosa separa la determinazione dalla cocciutaggine? Cosa traccia la linea tra i mezzi che si possono usare per raggiungere l'obiettivo che ci si è prefissati e quelli che invece ti fanno perdere di vista quel che sta intorno, a quell'obiettivo, e lo trasforma in un'ossessione?
E che cos'è, in fin dei conti, la determinazione: una prova di coraggio o di mania?
Prendiamo un esempio arcinoto: siamo a Firenze, nel 1633, e una congregazione di uomini severi, intabarrati in sontuosi abiti talari, sta chiedendo a un uomo piccolo e smagrito, con una lunga barba, di ritrattare ciò che ha asserito in un trattato scientifico pubblicato l'anno prima; gli si chiede di abiurare alle sue fantasiose teorie scientifiche (fantasiose perché in netto e inconciliabile contrasto con quanto affermato nel libro sacro della Bibbia) e restaurare l'ordine costituito che vuole la Terra al centro di un universo concentrico e dai confini ben definiti.
Galileo Galilei, perché è proprio al suo processo per mano del Tribunale del Santo Uffizio che stiamo assistendo, sa quel deve fare: muto firma il documento che disconosce le teorie su cui ha lavorato negli ultimi anni e accetta di avere salva la vita in cambio della sua onestà intellettuale; solo poche parole gli sfuggono, o almeno così vuole la tradizione, mentre si allontana dal tribunale: e pur si muove, e tante care cose.
E poi?
L'onta suprema ha macchiato per sempre la fedina penale dello scienziato e dell'uomo di lettere, che non è stato capace di lealtà verso se stesso, incrollabilmente determinato a gridare la sua verità a costo di vendere cara la pelle, come il collega d'eresia Giordano Bruno, sacrificato sullo spiedo alla fame della folla in delirio.
Galileo: una figura scialba, scipita, un traditore delle sue stesse convinzioni, un vigliacco, un pusillanime.
Eppure, negli anni che gli sono rimasti dopo il famoso processo, Galileo ha continuato, instancabile, a guardare il cielo tramite il suo telescopio, ad affinare le sue teorie scientifiche e a metterle per iscritto, approfondendo gli studi in vari ambiti della fisica fino ai suoi ultimi giorni.
Si può parlare per Galileo di mancanza di dedizione, o di determinazione, a perseguire il suo scopo? Qual era, a conti fatti, il suo scopo? Farsi eroe e bestia sacrificale, o allargare i termini della conoscenza?
Nella storia dell'arte e della letteratura troviamo innumerevoli esempi di determinazione diversamente declinati: autori e poeti di ogni sorta hanno combattuto la loro battaglia per dare voce, di volta in volta, al proprio modo di concepire il mondo, ingaggiando battaglie
furiose con se stessi o con la società in cui erano costretti a vivere in nome di quel che credevano giusto o onesto comunicare; sto pensando ad autori che hanno fatto scelte estreme di vita, cercando con tenacia di rendere la propria vita mimetica della propria arte, o sacrificando l'esistenza alla Musa, come Byron, Hemingway, Goliarda Sapienza; chi non ha temuto gli aspri giudizi della critica e ha precorso i tempi senza ottenere mai il giusto riconoscimento per il proprio lavoro, e penso a Leopardi, Emily Dickinson, al Verga dei romanzi veristi, a Salinger; chi ha sfruttato il successo ottenuto grazie alla propria arte per alzare l'asticella di ciò che può essere scritto e costruito tramite la letteratura e le parole, guardando più in là dello sbarcare il lunario con i propri talenti, come Tolstoj, o Manzoni, o Calvino; chi ha deciso di usare la penna per farsi critico a sua volta di una società che concepiva come sbagliata e dannosa, e penso ad esempio a Dostoevskij, a Orwell e a tutti gli autori che, da esuli, hanno potuto raccontare gli orrori della terra che erano stati forzati ad abbandonare; chi ha sfidato con le sue parole la censura, la dittatura (da Flaubert a Pasternak, da Cortázar alla Szymborska); chi è stato costretto a soccombere (e qui il pensiero corre al mai dimenticato Pasolini, a Irene Némirovsky, a García Lorca) e chi invece, contro ogni logica e aspettativa è riuscito a sopravvivere e a diventare una specie di canone (come non citare quello scellerato di Lewis Carroll, ma anche, in modo del tutto diverso, a Jane Austen?); chi ha nascosto per sempre una parte di sé (che è un po' come morire, e mi riferisco ad esempio a Virginia Woolf) ai più e chi ha avuto il privilegio di potersi mettere veramente a nudo (ad esempio, nonostante le travagliate peregrinazioni, un Neruda).
Ebbene, se c'è qualcosa che la letteratura ci insegna è che la determinazione è uno dei motori della creatività, la risposta naturale, per molti, a una sorta di imperativo morale o artistico che costringe a scrivere e ad essere coerente con se stessi in quello si scrive; che senza la determinazione le idee non respirano, non prendono ossigeno, e di conseguenza muoiono; ma ci insegna anche che ci sono modi e modi per coniugare la determinazione: il tempo balordo e le coordinate geografiche, la sensibilità di ciascun autore, giocano una parte fondamentale nella sua biografia e non tutte le scelte di vita possono essere considerate forme di viltà o, al contrario, di estremo coraggio.
Come capire quando fermarsi? Come non trasformare la determinazione in un'ossessione irrealistica?
Non spetta a nessuno dirlo di qualcun altro: l'unico compito che ci spetta, come esseri umani, è d'essere sempre determinati a includersi nella propria idea di mondo e di aggiustare di volta in volta il tiro per trovarsi sempre all'interno del cerchio immaginario che tracciamo intorno alla nostra etica personale.
Questo è accettabile, nel complesso di ciò che fa parte della mia etica personale, per arrivare lì dove voglio arrivare? Mi costringe a escludere altri valori, o persone, o attività che per me sono assolutamente irrinunciabili, oppure è conciliabile con la persona che sono e voglio essere?
Fin dove sei disposto a spingerti nel tuo percorso di crescita, o magari di vera e propria rinascita?
Solo i cuori impavidi e forti, fermi nei loro obiettivi, ma anche nei loro valori sono capaci di affrontare le avversità, non piegarsi e, una volta rinati, non barattare il nuovo sè con una versione anestetizzata nei confronti della vita.
Noi di Another Coffee Stories ti consigliamo tre letture a riguardi:
- Annie sui Tetti - Another Coffee
- E' tutto perfetto - Rudy Pesenti