Diario di un viaggiatore, un passo indietro

Diario di un viaggiatore, un passo indietro

Parole di Rudy Pesenti, viaggiatore e scrittore 

Ho paura che abbiamo perso il senso della misura. Forse il fatto è che abbiamo troppo e quello che di cui avremmo bisogno, ogni tanto, sarebbe di fare un passo indietro. Troppe cose che non hanno valore, troppi ornamenti, la bellezza esteriore prima dell’essenza, troppe strade tra cui scegliere, troppa futilità in cui non trovarsi più.

Ve lo ricordate il film La leggenda del pianista sull’oceano?

Il protagonista ha vissuto una vita intera su una nave e per quanto possa sembrare assurdo, quando ha la possibilità di scendere, non lo fa. Preferisce morirci che perdersi nel mondo. C’è un suo monologo meraviglioso che al suo interno ha questo estratto:

Cristo, ma le vedevi le strade?
Anche soltanto le strade, ce n'erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voialtri laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire.
Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce, e quanto ce n'è.
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell'enormità, solo a pensarla? A viverla...

Forse per essere davvero felici abbiamo bisogno di un po’ di menodi ciò che abbiamo.

Meno relazioni, ma più di qualità. Meno obblighi, più tempo libero. Meno sentieri che non portano mai a niente, più strade definite. Meno tempo pieno, più momenti per annoiarsi.

Cammino per strada e non sorride nessuno. Non saluta nessuno. Tutti fissi con un cellulare in mano che non guardano più nemmeno dove si trovano, con chi sono, non sanno immaginare più niente, credono soltanto all’immersione totale di questa tecnologia che ci ha allontanati come mai prima nient’altro era riuscito a fare. Ognuno è in una gara personale di nuovi obiettivi e scalate sociali che come finale trovano soltanto il crearsi nuovi nemici e una società sempre più egoistica, che non vede più chi ha attorno, chi soffre, chi ha bisogno di una mano.

Che cosa c’è un passo indietro rispetto a tutto questo?

Ripenso ai sorrisi dispersi nel niente. Non cambia se racconto della Namibia, del Botswana, dello Zimbabwe, della Tanzania, del Kenya... Lì tra le case di fango, nel senso comunitario più forte e che ancora vive, nella povertà più estrema, ho scoperto i sorrisi più caldi. La voglia di sentirsi parte di qualcosa di più grande delle nostre perse solitudini fatte di scadenze. Una volta ho visto un uomo avere una piccolissima TV in bianco e nero che da noi non si vede più da trent’anni: quando c’erano dei momenti interessanti trasmessi, come una partita di calcio o il telegiornale, lui posizionava questo oggetto sul davanzale della sua finestrella per farlo vedere anche a chi non l’aveva e intorno si formava un nugulo di almeno cinquanta persone. È sempre una meraviglia vedere quanto le società povere siano anche le più interconnesse tra di loro, sempre pronte ad aiutarsi e a condividere quel poco che hanno.

Lo si vede anche nel muoversi, nel viaggiare, nel turismo di questi anni: l’ospitalità più grande arriva sempre dai popoli che non hanno niente. Viaggiare in luoghi ricchi, invece, si svuota del contatto umano e in questo modo fa perdere al viaggiatore anche il significato del suo muoversi per incontrarsi sempre con il nuovo, trasformarsi attraverso gli occhi degli altri.

Credo di poter dire che la felicità la si trova in mezzo al niente, nella polvere, tra la terra. Me lo insegnano ogni volta quei bambini dispersi nel nulla che mi abbracciano solo perché sanno ancora amare ciò che è davvero importate nella vita. Senza mai aver avuto un cellulare in mano.

Sta arrivando il Natale e anche qui dovremmo fare un passo indietro, se vogliamo essere felici.

Non buttiamoci in regali spazzatura, non riempiamo ogni istante con qualcosa di inutile. Abbiamo la possibilità di scegliere con chi condividere il nostro tempo, che è la cosa più preziosa che abbiamo. Dobbiamo selezionare i regali in modo che non vengano buttati la settimana successiva, ma che durino nel tempo, che facciano del bene a qualcuno. Ci sono matite che una volta terminate di essere utilizzate si possono piantare, animali da poter salvaguardare, colonie di api da poter adottare, alberi da poter piantare... E ovviamente anche bambini di mondi lontani che con un piccolo sforzo possono essere supportati per tutto l’anno per avere cibo e istruzione.

Pensiamoci quando siamo indecisi tra un oggetto e un’emozione. Stiamo dicendo a noi stessi da che parte sta la felicità. Con la differenza che quando si dona qualcosa agli altri senza un’anima, non si avrà niente in cambio. Ma quando si dà qualcosa di sé per il bene comune, per qualcuno che è più sfortunato di noi, allora in quel caso quello che torna è un grande carico di felicità. Ve lo assicuro.

Facciamo un passo indietro. Torniamo ad occuparci degli altri.

Che forse sta lì, un pezzettino della felicità che non riusciamo mai a trovare.

 

 

 

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